Discorsi
Discussione del disegno di legge S. 1117: Delega al Governo in materia di federalismo fiscale,

Camera dei Deputati, 16/3/2009

PRESIDENTE È iscritto a parlare l'onorevole La Malfa. Ne ha facoltà. GIORGIO LA MALFA. Signor Presidente, signori rappresentanti del Governo, esaminare oggi un disegno di legge di questa portata in una situazione economica internazionale e italiana come quella che noi ci troviamo ad affrontare e non collocare questa nostra discussione in quel Pag. 65quadro, è già di per sé un po' sorprendente. Lo diventa ancora di più, onorevoli colleghi, nel momento nel quale ricordiamo il punto fondamentale della coalizione di Governo, a cui il Partito repubblicano ha dato e ha confermato la sua adesione da molti anni. Quando si è costituita - per quanto ci riguarda nel 2001 - l'alleanza di cui facevamo parte, il punto fondamentale di tale nostra intesa riguardò il far uscire l'Italia da una condizione di sostanziale stagnazione dello sviluppo che si prolunga da molti anni. L'analisi sulla quale vi fu convergenza tra noi, il Presidente del Consiglio, ma credo anche gli esponenti della Lega, di Alleanza Nazionale e gli altri, era che la prima condizione per consentire all'Italia di riprendere il cammino dello sviluppo fosse una riduzione dell'incidenza della spesa pubblica sull'economia a qualsiasi livello, dal livello locale a quello nazionale. La pressione fiscale era identificata ed è da me identificata come l'elemento che frena la ripresa dello sviluppo economico del Paese. Pertanto, qualunque disegno di legge, Ministro Calderoli, non può che essere giudicato, in primo luogo e soprattutto in una condizione di crisi drammatica come quella che noi viviamo, da questo punto di vista. In un certo senso il rappresentante del Governo dovrebbe essere idealmente il Ministro dell'economia e delle finanze, ancor prima che il Ministro per le riforme: infatti è ben sì vero che siamo di fronte ad una riforma istituzionale ma ad una riforma istituzionale di una tale portata sulle condizioni della finanza pubblica, che può valere soltanto la garanzia assoluta del Ministro dell'economia e delle finanze, secondo la quale i conti sono tali da consentire di sorreggere in queste condizioni una riforma di questo genere. Ha detto il mio giovane collega, l'onorevole Fugatti, che tutta questa riforma, quando sarà completata tre sei o sette anni, porterà ad una riduzione della pressione fiscale. Me lo auguro, onorevole Calderoli. Vorrei esserne certo ma non possiamo esprimere una speranza, perché siamo legislatori e dobbiamo partire dalla conoscenza delle conseguenze e dei meccanismi che adottiamo, non delle speranze e di ciò che risulta. Dunque, da questo punto di vista, cosa garantisce che questa nostra grande riforma, questa vostra grande riforma possa determinare quell'alleviamento della pressione fiscale sui cittadini, che è la condizione affinché il sistema italiano possa riprendere, il sistema del nord, del centro e del sud, le imprese e gli artigiani? Qual è tale condizione? Il fatto che tutto questo sistema non costi di più. È vero, come qualcuno dice, che per un partito autonomista come il Partito repubblicano è meglio dire che coincidono i livelli delle responsabilità della spesa con i livelli di responsabilità delle entrate: è una bella musica che suona alle nostre orecchie. Ma ci interessa soprattutto sapere che il carico, il basto che l'Italia porta sulle sue spalle non debba crescere. Quali garanzie vi sono dentro questo disegno di legge? Quali garanzie ci può dare il Governo su questo progetto di legge? Nell'articolo 26 si legge questa deliziosa formula giuridica, signor Presidente della Camera: l'attuazione della presente legge deve essere compatibile con gli impegni finanziari europei. Cosa significa deve essere compatibile? O lo è o non lo è. Se noi scriviamo un testo, non possiamo scriverlo affermando che lo realizzeremo nella misura in cui sia possibile. Infatti, una legge è obbligatoria e quando abbiamo chiesto al Ministro dell'economia e delle finanze di quantificare - lo diceva poc'anzi l'onorevole Duilio, ma i miei colleghi del Partito Democratico non ne traggono le conseguenze necessarie -, quando è stato chiesto all'onorevole Tremonti quanto costava questa impostazione, egli ha risposto con grande lealtà: non lo possiamo dire. Ma se non lo possiamo dire, noi non possiamo legiferare, onorevoli colleghi! In una condizione finanziaria così difficile possiamo legiferare nella misura in cui sappiamo che la nostra legislazione allevia il carico fiscale sugli italiani e migliora le condizioni dell'efficienza della finanza pubblica ma, in primo luogo, allevia il carico fiscale sugli italiani. Se tale Pag. 66garanzia non c'è, se questa garanzia non è data in premessa rispetto all'impostazione di questa legge, un partito che ha la tradizione del Partito repubblicano non potrà mai associarsi all'approvazione di una legge di cui non si conoscano le conseguenze sulla finanza pubblica. Il bilancio dell'Italia riformata col sistema del federalismo delle autonomie locali - come preferisco chiamarlo io - che viene oggi prospettato, è alla base di questa decisione e non può essere affidato ai decreti delegati. Perché affidarlo ai decreti delegati? Dovremo fare i decreti delegati sulla base di una legge che parla con chiarezza. Allora vi sono dei test di questo. Qualche collega diceva che in passato la spesa pubblica è cresciuta molto. Sapete quando è cresciuta moltissimo? Quando sono state fatte le regioni. Dovevamo fare le regioni? Sì, dovevamo farle, è scritto nella Costituzione e noi siamo un partito regionalista, ma in quel momento noi chiedemmo di fare una legge che abolisse le province, perché si creava un nuovo organismo che poteva organizzare meglio la vita del Paese e bisognava semplificare. Abbiamo chiesto insistentemente: perché non abolire le province, perché mantenere tutti gli elementi? Nel momento in cui rafforziamo finanziariamente i comuni e le regioni, togliamo di mezzo le comunità montane o le provincie, che non servono a nulla. Su quella spesa, se noi avessimo avuto un impegno o se domani il Ministro potesse dirci che questo è un impegno vero del Governo - era nel programma elettorale di Berlusconi - saremmo più tranquilli. Infatti, non abbiamo molta fiducia: chi ci garantisce? Onorevole Calderoli, chi ci garantisce? Qui c'è l'onorevole Fitto: ci preoccupa anche molto il modo in cui - e concludo, signor Presidente - nella sua abilità il Ministro Calderoli ha trattato il problema del Mezzogiorno. Infatti, se le regioni del nord avranno più risorse e le regioni del Mezzogiorno ne avranno meno, allora o lo Stato ne avrà meno (e bisognerebbe sapere quali, dove e lo dovreste dire) oppure lo Stato aumenterà la sua spesa pubblica, non il deficit, che è bloccato dall'Europa, ma la spesa e l'entrata fiscale. In altre parole, non abbiamo garanzia - e lo sapete benissimo, onorevoli colleghi - che il grande provvedimento di legge in esame sia un provvedimento che alla lunga aiuterà l'Italia a volare più liberamente e ad avere uno sviluppo economico più forte. Questa è la ragione per la quale di fronte a questi dubbi, se il Governo non sarà in condizioni di dare una risposta convincente, signor Presidente, noi non potremo certamente votare a favore del provvedimento in esame.

INTERVENTO IN AULA

Camera dei Deputati, 25/11/2008

INTERVENTO IN AULA

CAMERADEI DEPUTATI, 11/11/2008

Seguito della discussione del disegno di legge: Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2009) (A.C. 1713

Intervento in Aula

Camera dei Deputati, 6/11/2008

Seguito della discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 25 settembre 2008, n. 149, recante disposizioni urgenti per assicurare adempimenti comunitari in materia di giochi (A.C. 1707-A)


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