Il governo italiano ringrazia la Presidenza britannica e le altre delegazioni per l’ottimo lavoro svolto sinora sulla proposta originaria della Commissione di una direttiva sul mercato interno dei servizi. Notiamo con soddisfazione come molte delle idee avanzate dal gruppo di lavoro del Consiglio abbiano trovato un riscontro negli emendamenti alla proposta in oggetto votati alla Commissione mercato interno del Parlamento Europeo lo scorso 22 novembre. Tra queste voglio ricordare in particolare l’art. 16, dove sia il Consiglio che il Parlamento hanno saggiamente deciso di abbandonare il termine “principio del paese d’origine” – che tante controversie ha suscitato - per sostituirlo con un richiamo al Trattato istitutivo che invece controverso non può e non deve essere: “libertà di fornire servizi” nel mercato interno. Nel cambiare la denominazione si è però, altrettanto saggiamente, mantenuto il criterio ispiratore secondo il quale il fornitore di servizi è soggetto alle regole del paese dove è stabilito – fatte salve alcune, limitate, eccezioni. Ciò dà agli operatori quella sicurezza giuridica la cui mancanza costituisce, come risulta dal rapporto della Commissione europea del 2002 il principale ostacolo alla libera prestazione dei servizi. Questo approccio è, secondo me, l’estensione al campo dei servizi del riconoscimento reciproco che, nel campo delle merci, ha consentito di fare il mercato interno. È da tempo un principio acquisito che se un prodotto è legalmente fabbricato e commercializzato in uno Stato membro, lo deve essere in tutti gli Stati membri. Allo stesso modo, se un prestatore di servizi è riconosciuto come tale in uno Stato membro lo deve essere in tutto il resto dell’Unione. L’alternativa la conosciamo: è l’armonizzazione totale. Jacques Delors, nei suoi Memoires, definisce questa alternativa “un préalable complètement irréaliste! Avec une telle perspective, nous n’aurions pas encore commencé” – à réaliser le marché intérieur. Cerchiamo allora, tutti assieme, di dare attuazione concreta alla libertà di fornire servizi sancita dal Trattato, senza seguire le false piste che hanno di fatto impedito la libertà di movimento delle merci per circa trent’anni. Completare il mercato interno, facendone una realtà anche nel campo dei servizi, è oggi di capitale importanza per il futuro dell’Europa. Prima di tutto i servizi rappresentano ormai il 70% della nostra economia – e un mercato interno che riguarda solo il 30% restante non è veramente tale. In secondo luogo, la direttiva è l’azione comunitaria più importante richiesta dai capi di Stato e di governo quando decisero, nel marzo del 2000, di lanciare la strategia di Lisbona. Infine, senza la piena attuazione di questa strategia, senza il rilancio dell’economia europea, senza crescita e maggiore occupazione, non c’è modo di riconquistare la fiducia dei cittadini necessaria per continuare a credere nell’Europa e nella sua integrazione politico-istituzionale. Il governo italiano non ha alcuna riserva pregiudiziale nei confronti della proposta originaria della Commissione, pur rimanendo disponibile a considerare cambiamenti che non ne stravolgano l’impianto e soprattutto consentano di salvaguardarne la finalità – che è, lo ripeto, quella di fare del mercato interno dei servizi una realtà, a quasi cinquant’anni dalla firma del Trattato di Roma. In altre parole, non sarà il governo italiano a chiedere ulteriori esclusioni dal campo d’applicazione della direttiva oltre a quelle contenute nella proposta originaria messa sul tavolo dalla Commissione. Vogliamo un campo d’applicazione il più ampio possibile, fatti salvi – come riconosciuto dal Trattato – i pubblici poteri e la libertà per ciascuno Stato membro di fornire servizi ai propri cittadini in un regime non economico. Tenere la barra il più alto possibile - sia sul campo d’applicazione che sulla libertà di prestare servizi – è perciò l’obiettivo del governo italiano. Un pericolo che vorremmo davvero evitare è quello che l’Europa venga percepita dai cittadini dei nuovi Stati membri come un’Unione dominata dagli egoismi e dalla difesa a oltranza di rendite di posizione. È stato un fatto negativo del referendum francese che la direttiva servizi sia diventata il centro della polemica. Il benessere acquisito dall’Europa dalla nascita del Mercato Comune ad oggi è dovuto al fatto che sono scomparse le barriere interne al movimento delle merci. I consumatori italiani hanno potuto comprare automobili francesi o tedesche, i consumatori francesi e tedeschi hanno potuto comprare scarpe, vestiti e mobili italiani – e così di seguito. Lo stesso deve avvenire per i servizi degli idraulici – polacchi o italiani che siano. Questa presidenza – che l’Italia ringrazia di nuovo per l’ottimo lavoro svolto – si avvia al termine del proprio mandato. In particolare, il voto in sessione plenaria del Parlamento europeo avverrà sotto presidenza austriaca. Al voto seguirà, molto probabilmente, una proposta rivista della Commissione che costituirà l’oggetto del nostro futuro lavoro. Guardiamo a queste scadenze con ottimismo e spirito di collaborazione, restando convinti dell’importanza capitale per il futuro dell’Europa che l’approvazione di questa direttiva riveste.